13 ott 2020

«Non sapevo più leggere, ora mi sono laureato»

Giovanni Menegon, l’ex assessore colpito dall’ictus: «Non sapevo più leggere, ora mi sono laureato»

Bassano del Grappa, il malore nel 2006: «Mi sono svegliato sei giorni dopo in ospedale, ero una scatola vuota». Adesso è dottore in Economia aziendale

di Andrea Priante Corriere della Sera del 13.10.2020

Giovanni Menegon, 58 anni, dopo la festa di laurea in piazza San Marco a Venezia
Giovanni Menegon, 58 anni, dopo la festa di laurea in piazza San Marco a Venezia
Era il 2 febbraio del 2006, quella sera era in programma la festa organizzata da una società sportiva. «Mi sono seduto a tavola e ricordo soltanto l’uomo che stava di fronte a me e che all’improvviso si mette a gridare. 

Mi sono svegliato sei giorni dopo all’ospedale di Padova. Ero entrato in coma e, al mio risveglio, ero come una scatola vuota. Una scatola che ora, un po’ per volta, sono tornato a riempire». A Bassano del Grappa, Giovanni Menegon lo conoscevano tutti. Gestiva un negozio di abbigliamento in centro, aveva molti amici, la parlantina di chi ci sa fare coi clienti, e piaceva a tutti. 

Gli altri commercianti l’avevano eletto rappresentante di quella che all’epoca si chiamava Umce e oggi è la Confcommercio. Poi, era arrivata la politica: nel 2005 il sindaco Gianpaolo Bizzotto l’aveva chiamato in giunta, nominandolo assessore allo Sport. E anche lì aveva dimostrato talento, al punto che di lui si parlava come possibile futuro candidato sindaco di Bassano.

I medici
Invece. «I medici dissero che avevo avuto un ictus cerebrale ischemico nella parte sinistra del cervello. Ricordavo alcune cose, tipo chi ero, il nome di mia moglie e dei miei figli. Ma molte altre erano perdute. Non sapevo parlare, né leggere, né scrivere. Comunicavo come i bambini: mostrando le mie emozioni con le carezze, le lacrime...». 
Un uomo di mezza età benestante e proiettato verso il successo, che all’improvviso perde tutto. Perfino se stesso. L’ischemia l’aveva trasformato: emiplegico (con la parte destra del corpo paralizzata), aprassico (impossibilitato a muoversi) e afasico (incapace di esprimersi). «Non mi riconoscevo più. Mi sentivo inutile e terribilmente solo». 
Per Menegon fu orribile. «Dopo un anno, quasi tutti i miei amici sparirono. In fondo, li capivo: non è divertente uscire con uno incapace di comunicare. Pensai al suicidio. Arrivai a pianificare di salire all’ultimo piano di un palazzo di Vicenza e gettarmi di sotto».

La famiglia
A salvarlo fu l’amore dei due figli, all’epoca bambini, e di sua moglie Monica. «Non potevo sparire così, non meritavano altre sofferenze. Invece dovevo ripartire proprio per loro, cominciando da zero, ricostruendo un pezzo per volta l’uomo che ero stato». 
Ed è esattamente ciò che ha fatto, grazie anche alle cure del Centro Studi di Riabilitazione Neurocognitiva di Santorso, nel Vicentino, diretto dal professor Carlo Perfetti. «Un luminare in materia, gli devo tutto» assicura quest’ex commerciante prestato alla politica. 
E così, poco per volta, armato solo della sua forza di volontà, si è messo d’impegno sui libri che utilizzano gli scolari di prima elementare. «Per fortuna la mia intelligenza era rimasta intatta. Ho imparato le lettere dell’alfabeto, poi a scrivere le parole, le frasi... Finalmente ho cominciato a leggere e ho riscoperto il significato di “studiare”. Mentre recuperavo le capacità motorie e la parte destra del mio corpo tornava a funzionare, cominciavo finalmente a riempire di concetti anche quella scatola vuota che era diventata la mia testa».

Quattordici anni dopo
Giovanni Menegon aveva 44 anni quando fu colpito dall’ictus, oggi ne ha 58. E il 25 settembre, in Piazza San Marco a Venezia, c’era anche lui tra i settecento studenti universitari invitati alla cerimonia per la consegna dei diplomi. Perché in quattordici anni di fatiche, esercizi riabilitativi e sedute di logopedia, quest’uomo ha saputo «ritrovarsi», al punto di affrontare tutti gli esami all’Università di Ca’ Foscari e laurearsi in Economia Aziendale con una tesi (discussa col collegio dei docenti) dal titolo: «Aspetti Psicologici della Finanza Comportamentale». 
Una storia di resilienza. «Ne vado orgoglioso, ovvio. E sicuramente quel titolo vale più di quest’altro» dice indicando un quadro in salotto: c’è la sua prima laurea, in Economia e Commercio. Ma era il 1989 e per lui, poco più che ragazzo, l’ictus sarebbe rimasto un nemico sconosciuto ancora per molti anni. Oggi è tutto diverso.

Le letture
«Faccio ancora fatica a parlare - spiega - perché la lingua non sempre esegue subito gli ordini che le invia il cervello. Prima dell’ischemia celebrale ero un gran chiacchierone, mi piaceva comunicare. Ora è questo il mio prossimo obiettivo: solo quando saprò esprimermi come facevo una volta, potrò dire di aver completato il mio percorso». 
Per il resto, l’ex assessore trascorre le giornate divorando un libro dopo l’altro. Trattati di psicologia o di medicina, soprattutto. Come se volesse capire i meccanismi che regolano la mente. «Ora sto affrontando “Il libro rosso”, dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung. È molto interessante». 
Ma l’opera che più l’ha colpito non ha niente a che fare con la sua malattia. Almeno non direttamente. «Mentre ero chiuso qui, in casa, “Il diario di Anna Frank” mi è stato di conforto. Rileggendolo, mi sono riconosciuto nel senso di profonda solitudine che provava quella povera ragazzina rinchiusa nella soffitta di Amsterdam. Ciò che ho vissuto, l’ictus e tutto ciò che ne è seguito, mi hanno portato a scoprire il senso di molte cose». 
La politica non gli manca. «Non ho alcun rancore, però sono convinto che a causare l’ictus abbia contribuito proprio l’attività amministrativa: ero perennemente stressato, pieno di impegni, le giornate frenetiche. Ma ora basta: ho capito che non ne valeva la pena». Forse è un errore sostenere che Menegon stia ritornando l’uomo che era. «Ne sto costruendo uno migliore».


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